giovedì 15 ottobre 2015

LA GUERRA DEL RE - cap. 5 -


"Onore e sangue"

La resistenza del cavallo era messa a dura prova dalla frenetica galoppa a cui il suo fantino lo stava sottoponendo, ma questo non importava molto al giovane Raspin, l'unica cosa che in quel momento importava, era arrivare al castello il prima possibile.

 Si era allontanato perché schiacciato dall’ansia per non aver avuto ancora notizie riguardo l’esito del gruppo d’infiltrati al ricevimento nuziale dei regnanti di Evig e l’inquietudine per quella spedizione l’aveva accompagnato per ore durante la sua lunga galoppata, finché non incrociò dei contadini che, visibilmente agitati, continuavano a bofonchiare parole confuse a proposito del ritorno del re. A quelle parole, il giovane si era illuminato di speranze. Strinse con forza le redini del suo destriero spingendo l’animale ad una galoppata lunga e devastante.
"Padre!!" urlò attraversando il bastione. Davanti la porta che conduceva alla sala principale, c'erano ad attenderlo alcune guardie visibilmente sconvolte, la madre in lacrime ed il primo ministro che gli si avvicinó cautamente.
"Dov'é?" chiese il giovane ansimante. I capelli castani gli si erano attaccati al volto per il troppo sudore, contribuendo ad accentuare il suo pallore.
"Nobile Raspin, é meglio che non veda..."  mormorò il primo ministro Graiz posandogli una mano sulla spalla.
"No, io voglio vederlo, devo!" rispose facendo forza per liberarsi.
"Essia" sentenziò la madre del giovane mostrando una dignità innata, degna dei nobili del casato Arming. "Portatelo nella sala del re". Il figlio tacque dinnanzi alla madre che lo precedeva di alcuni passi, mentre il brusio delle persone al loro seguito era sempre più forte man mano che si avvicinavano alla sala del trono.
"Nobile Raspin!" esclamò nuovamente il consigliere parandosi dinnanzi a lui, "é sicuro?".
"Si, non fuggirò davanti alla realtà, qualsiasi essa sia, é così che si comporterebbe mio padre ed io non voglio essergli da meno" rispose gonfiando il petto d'orgoglio. L'uomo dinnanzi a lui tacque, ma continuava a guardarlo con occhi velati di tristezza.
"Apra la porta" ordinó la regina ed il primo ministro che, dopo essersi piegato in un profondo inchino,  fece cenno ai soldati di guardia che aprirono l'enorme portone di legno pregiato.
La stanza circolare, un tempo illuminata da balli e feste ora appariva buia ed a tratti sinistra. Drappi di spesso velluto nero erano stati appesi alle finestre per impedire al sole di entrare, al centro della sala, dove una volta c'era il trono, era stato allestito un piccolo altare di legno rivestito dei colori della casata, ai lati, due enormi candele alte mezzo metro l'una e rivestite dello stesso colore.
Raspin non capiva cosa stesse guardando, quello che aveva davanti era senza dubbio un altare funebre, ma non era abbastanza grande per contenere il corpo di un essere umano adulto. Si voltò per cercare lo sguardo di sua madre, che gli fece cenno col capo, come ad invitarlo ad andare avanti. Si avviò verso l'altare con passo lento, nonostante sapesse per certo che suo padre fosse morto, si sorprese a sperare in un improbabile miracolo. L'intero castello era un eco di pianti e disperazione per la perdita del suo padrone, le bandiere erano state alzate a mezz'asta e dai torrioni principali, i drappi di velluto nero ondeggiavano  trasportati dal vento. La distanza che lo separava dall'altare, sembrava non colmarsi mai. Raspin senti un nodo stringergli sempre con più forza la gola. Allungò la mano per toccare la scatola nera in legno laccato, al suo interno, adagiata su un cuscino di raso color porpora, vi era il capo reciso di ciò che era un tempo suo padre. La scoperta lo lasciò attonito, non riusciva a distogliere lo sguardo da quell'orribile spettacolo, sentiva la collera salire dallo stomaco, schiacciargli il petto soffocandolo, per poi arrivare su, agli occhi iniettati di sangue.
"É arrivata con questa" disse il consigliere porgendogli un foglio di pergamena con su scritto poche parole: "Delizioso, lascio a voi la parte migliore, il cervello, consumatelo quanto prima affinché possiate apprendere al meglio la conoscenza di questo grande quanto stolto uomo". Le mani del giovane presero a tremare come in preda a convulsioni, serrò i pugni con forza ed un urlo di dolore fece tremare l'intero regno.

La notte trascorse insonne per il giovane Raspin. Aveva passato l'intera nottata a vegliare sul feretro del padre, il volto scavato dal dolore, gli occhi gonfi e rossi.
"Figlio mio" sussurrò la madre entrando nella sala, ma il giovane non rispose. Lo sguardo fisso nel vuoto mentre continuava ad accarezzare il medaglione con lo stemma reale, l'effige che faceva di lui il nuovo re.
"Raspin, figliolo. Comprendo il tuo dolore, perché é anche il mio, ma tuo padre non vorrebbe...".
"Cosa?" scattò il giovane trattenendo a stento la rabbia, "cosa non vorrebbe, madre? Mio padre non può desiderare più nulla! Quel mostro gli ha tolto tutto!".
"Raspin, no!" urlò la donna prendendo il giovane dalle braccia, "non ti permetto di lasciarti corrompere dal desiderio di vendetta! Tuo padre sapeva a cosa andava incontro, tuo padre ed i suoi nobili fratelli si sono sacrificati per poter dare un futuro a tutti noi, a te che sei il suo unico figlio ed erede".
"Si e sono morti invano".
"Come osi?" tuonò la donna schiaffeggiando il giovane ed i suoi occhi si riempirono di lacrime. "Tu non farai nulla, Raspin!" continuò ed un fremito di rabbia la percosse fino a farla tremare, "io sono la tua regina e come tale ti ordino di non fare nulla che possa nuocere alla tua vita. Quel mostro mi ha già portato via il mio amato ed i miei cognati, non permetterò che si porti via anche il mio unico figlio!" concluse tremante.
Il giovane la guardò e nel suo sguardo la madre non leggeva più rabbia, ma solo tanta compassione. L'abbracciò e le baciò la fronte: "ti chiedo perdono madre" bisbigliò dandole un altro bacio, "ma tu non sei più la regina in carica e non puoi dare degli ordini al tuo nuovo re. Addio madre" concluse scostandola con forza, lei vacillò cadendo sulle ginocchia: "Raspin, no! Raspin!!" chiamò inutilmente la donna, ma il figlio aveva già lasciato la sala del trono.

***

"Craulad!!"
L’urlo di Raspin echeggiava nell’aria fresca del tramonto "Vieni fuori ed affrontami da uomo!" continuò il giovane armato di un coraggio disperato, aveva galoppato senza sosta per raggiungere il prima possibile le terre aride di Evig, con un'unica idea in testa: vendicare la morte di suo padre! Non riusciva a trovare pace per ciò che era successo, nonostante la sua giovane età, si era opposto a quel piano studiato nei dettagli dai consiglieri dei tre paesi limitrofi. La leggenda del demone assetata di sangue non era frutto della fantasia dei contadini del luogo e la paura era troppo radicata in loro per pensare che stessero solo cercando scuse per  non arare i campi che si affacciavano verso i boschi vicini. Raspin, nonostante i suoi sedici anni, l’aveva capito e l’aveva gridato a gran voce la notte prima della spedizione, ma nessuno gli aveva dato ascolto. Così la rabbia, la disperazione ma, soprattutto,la consapevolezza che lui aveva visto giusto e che se fosse stato più deciso e convincente, forse suo padre non sarebbe morto, lo avevano fatto precipitare in una spirale di sensi di colpa. “Craulaaaaaaaaaaaaaaaaaaad!!!”
Le grida raggiunsero le camere del castello illuminato dal rossore tipico del  tramonto.
"Visto a cosa ha portato il tuo gesto?" l'ammonì Kaine seduto sul davanzale della sua stanza, "quello é il figlio di lord Armins" continuò fingendosi seccato.
"Strano..." commentò Craulad con le braccia incrociate sul petto. Kaine si voltò dalla sua parte per scrutarne l'espressione. "Manchi da queste terre da almeno cent'anni eppure riconosci a prima vista il figlio di un traditore?".
"Da quando si dubita del proprio sangue?" scattò Kaine. Craulad non rispose, ma sorrise facendo spallucce. "Ho fatto le mie ricerche, te l’ho detto, ma come sempre tu non ascolti quando ti parlano".
"Chissà" rise il fratello minore.
"Craulaaaaaaad!".
Kaine guardò il fratello con rimprovero, non aveva mai amato i gesti plateali a cui i La Croux erano soliti e quello fu uno dei motivi per cui si era volontariamente esiliato da quel regno che puzzava di sangue.
"Quel giovane rampollo inizia a stancarmi" sospirò Craulad, sporgendosi dal davanzale, "se continua ad urlare, sveglierà la mia amata sposa" concluse salendo coi piedi sul bordo della finestra.
"Ehi, non vorrai mica..." Kaine non fece in tempo a concludere la frase che il fratello era già planato dalla finestra al cortile interno del castello.
“Craulad, no!” urlò invano Kaine sporgendosi dalla finestra. Vide il fratello passeggiare lento nel cortile del palazzo, con un semplice cenno della mano, ordinò alle guardie di restare ai loro posti, era chiaro che voleva occuparsene da solo.
“Che idiota!” brontolò Kaine digrignando i denti.
Raspin camminava rabbiosamente avanti e indietro, il suo unico desiderio era quello di affondare la sua lama nelle carni del sovrano delle terre di Evig.
"É molto maleducato da parte tua venire fin qui a far baccano" lo ammonì Craulad materializzandosi dinnanzi al giovane re che indietreggiò turbato.
"Non m'interessano le tue chiacchiere, sguaina la spada!" ringhiò Raspin estraendo la spada dal fodero. Craulad socchiuse gli occhi sorridente, sembrava trovasse divertente il dolore che traspariva sul volto del giovane.
"E se non ne avessi voglia?".
Il giovane urlò rabbioso effettuando un affondo, ma il suo avversario lo evitò senza il minimo sforzo. Un dolore acuto sorprese Raspin al fianco ed un istante dopo, grandi gocce di sangue impregnarono il terreno ai suoi piedi. "Non penserai d’impressionarmi con un trucchetto del genere?" digrignò i denti, "vendicherò mio padre, fosse l'ultima cosa che faccio!" concluse ritentando un altro affondo, ma ogni volta che cercava di colpire Craulad, il suo corpo si riempiva di nuove ferite. Esse non erano così profonde da lesionare gli organi interni, ma abbastanza gravi da creare delle piccole emorragie. Il dolore provato dal giovane re, ogni volta che le sue carni venivano lacerate, era sempre più acuto ed insopportabile, ma la sua sete di vendetta non gli permetteva di arrendersi davanti ad un avversario così palesemente forte.
"Maledetto...mostro" mormorò Raspin usando la spada come appoggio, aveva il fiato corto ed il corpo indebolito ed intorpidito dal dolore. Sentiva il respiro freddo della morte raggelargli le spalle e la cosa lo fece tremare, ma non poteva arrendersi, non ancora e poi ormai il suo avversario non gli avrebbe comunque permesso di lasciare vivo il campo di battaglia. No, aveva messo tutto se stesso in quegli attacchi, l'onore, la rabbia, la tristezza. Se l'emozioni avessero potuto prendere forma e tramutarsi in affilate spade, con molta probabilità, avrebbe avuto uno scudo di lame pronte a dilaniare il suo nemico, ma la realtà era ben diversa ed in quel presente lui era sfinito dallo sforzo e dal dolore, mentre il re di Evig non aveva neanche un graffio e continuava a guardarlo con sufficienza, come a ricordargli che, a prescindere dai molteplici sforzi, lui era e restava il migliore.
"Non dovresti provocare l'uomo che sta per ucciderti" commentò Craulad, "non pensavo che il figlio di uno stolto che ha avuto la stupida idea d'imbucarsi in una stanza piena di vampiri, potesse essere ancora più stolto. Pensavo che il mio omaggio vi avrebbe fatto perdere la voglia di vendetta, ma a quanto pare, non é così ".
"Maledetto...mostro" ansimò Raspin, "non parlare così di mio padre!!".
Il giovane umano si scagliò nuovamente con forza contro l'avversario che, piroettando elegantemente su se stesso, evitò l'ennesimo attacco, mentre sulla guancia del giovane apparve una profonda ferita a pochi centimetri dall’occhio destro. Raspin urlò di dolore portando la mano sul viso grondante di sangue.
"Mi hai stancato" mormorò Craulad. Lo sguardo gli brillava di ferocia, ma la sua espressione era annoiata, quel combattimento non l’aveva per niente soddisfatto, "finiamola qui!" concluse alzando la lama verso il giovane che chiuse gli occhi timoroso dalla fine che l'attendeva, ormai era chiaro anzi, in fondo al suo cuore aveva sempre saputo che contro il re di Evig, contro un vampiro, non aveva la benché minima possibilità di farcela, ripensò a sua madre ed al dolore che le avrebbe dato nel sapere della sua morte, era stato un folle, ma ormai era tutto finito, Craulad stava per ucciderlo. Lasciò cadere la spada, abbassò il capo continuando a tenere gli occhi chiusi, pronto ad accogliere la sua condanna,  uno schizzo di sangue freddo lo investì bagnandogli i capelli e parte dei vestiti, ma non avvertiva nessun dolore, eppure era certo che si trattasse di sangue, quell’odore acre e ferroso era inconfondibile. Aprì lentamente gli occhi e vide una figura che si era anteposta fra lui ed il suo carnefice, gli dava le spalle, ma era comunque in grado di riconoscerlo.
“Lord Kaine?!" sussurrò con gli occhi sgranati dallo stupore.
"Perché fratello?" scattò Craulad estraendo la lama dal braccio dell'uomo che cadde in ginocchio in una smorfia di dolore. “Cosa significa tutto questo?” incalzò col volto livido di rabbia.
Kaine gli sorrise, “te lo spiegherò più tardi, ora…” fece una pausa per voltarsi verso il giovane Raspin che, bianco in volto, lo guardava senza profilar parola in un misto tra stupore e shock,“…le chiedo scusa, maestà” concluse l’uomo sferrando un violento pugno alla bocca dello stomaco del ragazzo che gemette vomitando saliva mista a sangue.
"Perché si é messo in mezzo?" ansimò  Raspin tremante, poi perse i sensi accasciandosi sul braccio dell’uomo che l’aveva colpito con tanta forza.
"Cosa significa?" chiese Craulad con gli occhi carichi di collera. L'altrò ghignò caricandosi il giovane Raspin su una spalla. "Non ora, questo stolto ha bisogno di cure. Aspettami al castello e risponderò a tutte le tue domande" rispose.
"Quella é la mia preda" ribatté Craulad puntando la spada alla gola del fratello.
“Se vuoi uccidermi, fallo quando sarò ritornato, ora ti prego di lasciare che curi il ragazzo”.
“Perché?” tuonò con rabbia Craulad.
“Perché siete due stupidi che agiscono senza pensare alle conseguenze” rispose Kaine dando le spalle al fratello, “se proprio vuoi uccidermi, fallo ora, mentre ti do le spalle come il peggiore dei traditori, perché io non mi fermerò. Ci vediamo al castello, fratello” concluse Kaine avviandosi.

Aveva fatto alcuni chilometri quando udì un urlo di disapprovazione echeggiare nell’aria, Craulad non l’aveva presa affatto bene, era chiaro, ma ora lui non poteva fare altrimenti. Scosse il capo e continuò la sua strada verso il castello di Arming.

2 commenti:

  1. Adesso sono curiosa di sapere di più del fratello... non farmi aspettare come questo per i 6 però u.u

    RispondiElimina
  2. ok, sarà fatto ^____^ e grazie di aver letto il capitolo *-*

    RispondiElimina