giovedì 9 luglio 2015

LITTLE SECRET - il prologo - "LA GUERRA DEL RE" - cap. 1

Quello che vi accingete a leggere è la storia dentro la storia. Se avete letto Little Secret, saprete che Craulad fu costretto a combattere per salvare la sua amata, ebbene questa volta è proprio di lui che si parla, di lui, della sua amata sposa e della loro storia.
Se vi fa piacere, leggetela e poi fatemi sapere.



CAPITOLO 1:

"INCONTRO"


“C’è qualcuno?” urlò Kiristys aprendo con difficoltà l’enorme portone di legno di quercia ed intarsiato con preziose rifiniture in argento. L’interno del castello sembrava abbandonato, non un lume, non una guardia, solo silenzio e tenebre illuminate di tanto in tanto dal bagliori dei fulmini e dei lampi che filtravano dalle grandi vetrate a mosaico. L’uomo entrò timoroso guardandosi intorno con circospezione: “E’ permesso? Mi chiamo Kiristys e sono un commerciante, sono in viaggio con la mia famiglia, ma siamo stati sorpresi da un violento temporale e vorremo chiedere ospitalità per una notte” urlò facendo cenno con la mano ad una donna dall’aspetto grassoccio ma molto curato ed alla ragazzina al suo fianco. L’uomo incitò la donna prendendola per un braccio affinché anch’essa aggiungesse qualcosa alla sua richiesta, i due si guardarono agitati, quell’atmosfera lugubre non li metteva certo a loro agio, ma era sempre meglio che passare la notte sotto il temporale. La donna si schiarì la voce, congiunse le mani a preghiera: “in nome di Dio, vi prego, aiutateci! Abbiamo anche una bambina con noi” disse la donna, prendendo la giovane per un braccio e strattonandola davanti a se con modo brusco.

“Qui non c’è nessun Dio…” rispose una voce. Kiristys strinse gli occhi sforzandosi di vedere nella direzione da cui proveniva mentre Haisa, sua moglie, si strinse al suo braccio spaventata: “questa volta mi sa che abbiamo scelto male” gli sussurrò, ma lui la zittì posandole una mano sulla bocca: “stupida! E se ti sentisse?” scattò spostando lo sguardo tra le tenebre.
Nel buio una candela prese vita illuminandosi e così fece una seconda ed una terza, fino ad illuminare completamente la scalinata che si ergeva al centro dell’ingresso e che la famiglia di viandanti non era riuscita a vedere prima. Un rumore di passi annunciò l’arrivo di qualcuno che stava lentamente scendendo da uno dei due rami in cui si diramava la scala. Il passo leggero, ma deciso, il fruscio del mantello che sfiorava la superficie del  pavimento, un mantello rosso come il sangue che copriva un vestito in pelle nera composto da una casacca con rifiniture argentate fissata alla vita da una cinta fatta di cuoio nero e intarsi di metallo e oro.
“E così voi sareste dei viandanti” commentò il padrone del castello che in pochi istanti si era materializzato dinnanzi a loro. La donna ebbe un sussultò e spostò d’istinto la figlia davanti a se come se intendesse usarla da scudo.
“Le chiedo perdono se siamo entrati senza permesso” farfugliò Kiristys visibilmente agitato. L’uomo non rispose ma volse lo sguardo alla giovane che era rimasta tutto il tempo col capo chino, completamente fradicia e senza il minimo cenno d’interesse per quello che le stava intorno.
“Ehm…mio signore?” riprese Kiristys avvicinandosi timidamente, “non abbiamo soldi con noi, ma…se lo desidera, nostra figlia saprà essere molto gentile con voi” sorrise, mostrando una dentatura irregolare ed alcuni denti gialli. Il padrone del castello, spostò nuovamente lo sguardo verso l’uomo che gli stava parlando, avevo gli occhi ossi come due rubini e per un’instante a Kiristys parve stessero brillando.
“Essia, Ma solo per una notte!” rispose l’uomo voltandosi diretto nuovamente alle scale. Si fermò dopo aver salito i primi gradini: “potrete usare le stanze che troverete in fondo a questa scalinata” disse indicando con lo sguardo la scalinata opposta a quella dove era salito lui, “li troverete i miei servitori pronti ad accogliervi”.
“Oh, grazie! Grazie nostro signore! Vedrà sapremo ricompensarvi a dovere!” risposero all’unisono moglie e marito facendo diversi inchini.
“Ah! Per quanto riguarda la vostra proposta di pagamento, non m’interessano le mocciose!” concluse risalendo le scale senza voltarsi. La piccola sussultò ed alzò per la prima volta il capo seguendo con lo sguardo l’uomo misterioso che l’aveva rifiutata e ne rimase colpita.
“Allora che aspetti?” sbraitò la donna dando uno scappellotto alla ragazza, “muoviti piccola sgualdrina!” concluse trascinandola per le scale seguita dal marito. Al loro passare le candele si spensero e l’ingresso ricadde nuovamente nelle tenebre.

******

Nel buio della propria camera da letto Craulad, il padrone del castello, fissava il soffitto che si animava di singolari ombre ogni qualvolta che un lampo brillava all’esterno creando un effetto sinistro nelle volte. Erano decenni che non aveva ospiti nel suo castello, ma la cosa non pareva preoccuparlo, di quel genere di persone ne aveva conosciute tante nella sua lunga vita, erano disgustose non solo da vedere, ma anche da mangiare.
“Resterai ferma davanti alla porta ancora per molto? Coraggio, entra!” tuonò il padrone del castello sdraiato comodamente nel suo letto. La porta si aprì e la fanciulla fece capolino sulla soglia. Le erano stati cambiati i vestiti e le cameriere avevano provveduto a farle un bagno caldo cosparso di essenze profumate.
“Come ti chiami?” le chiese sedendosi sul letto. La piccola non rispose, afferrò con entrambe le mani i lati dell’abito stringendoli con forza. In un battito di ciglia l’uomo si spostò dal letto ad un passo dalla giovane che rimase impassibile anche se i suoi occhi furono scossi da un fremito di paura. “Guardami!” ordinò l’uomo continuando a mantenere una posizione eretta dinnanzi a lei. “Un sovrano non abbassa mai il capo e non ti tratterà mai come un tuo pari”, questo le aveva detto una volta suo padre e la giovane lo ricordava molto bene. Stinse ancor più forte i lembi del vestito tra le mani mentre un brivido la percosse.
L’uomo sorrise divertito e tornò a sedersi sul bordo del letto, indossava un pantalone in pelle nera con lacci in cuoio e una camicia bianca aperta sul petto, non indossava scarpe, ne alcun tipo di calzature. Accavallò una gamba sull’altra, posò su di essa un gomito e sorresse il viso sul palmo della mano. “Allora signorina, cosa dovrei farne di te? Non mi vuoi dire il tuo nome e ti rifiuti di parlare, l’unica cosa che sai fare è tremare come una foglia. È forse questo il modo con cui tuo padre intendeva ripagarmi della mia immensa gentilezza?” chiese. Senza rispondere all’osservazione che le era stata fatta, la giovane iniziò a spogliarsi dinnanzi all’uomo che non fece il minimo accenno di apprezzamento, ma continuava a guardarla con lo stesso sguardo glaciale con cui l’aveva accolta nella stanza. Finito di denudarsi, fece un paio di passi verso di lui coprendosi le parti intime con le mani.
“Non sei poi così bambina come credevo!” sbuffò. Le prese le mani e le spostò con forza per poter ammirare al meglio della visione del corpo denudato della ragazza che arrossì distogliendo lo sguardo impietrita. Aveva la pelle particolarmente bianca, i seni piccoli da ben formati e non poté far a meno di sfiorarne uno con le labbra facendo irrigidire ulteriormente la piccola.
“Per essere una disposta a vendere il suo corpo non sei poi un granché” mormorò, la spinse a terra lanciandole addosso un lenzuolo. “Copriti, rivestiti e vattene! Non so cosa farmene di una mocciosa priva di esperienza e fredda come il ghiaccio, torna da tua madre!”.
“Non…posso…” mormorò.
“Allora parli!” esclamò l’uomo voltandosi verso la ragazza che era rimasta in terra con il lenzuolo che le copriva il capo e parte del corpo. Si avvicinò nuovamente a lei curioso di vedere quando e se sarebbe scoppiata in lacrime, ma non fu così. Lo guardava dritto negli occhi con fierezza e rabbia. Non c’era timore in quello sguardo, ma solo fuoco. Si quegli occhi azzurri come il cielo d’estate ardevano come le fiamme dell’inferno, ardevano così tanta da scuotere l’uomo fin nel profondo. Voleva quello sguardo! Quella ragazza sarebbe diventata una donna, ma non una donna qualsiasi, ma la sua donna…la sua regina. S’inginocchiò per poterla guardare negli occhi ancora una volta: “dimmi il tuo nome” mormorò.
“Thyra, mi chiamo Thyra” rispose abbassando lo sguardo, ma lui la prese delicatamente per il mento e lo sollevò affinché potesse continuare a mantenere il contatto visivo. Lei non capiva il perché, ma nonostante i modi bruschi col quale l’aveva trattata e la freddezza nel suo sguardo, sapeva che quegli occhi avrebbero seguito la sua figura per molto molto tempo.
Questo fu il primo incontro tra un re ed una donna qualsiasi che sarebbe da li a poco diventata la sua consorte e la sua unica ragione di vita.

4 commenti:

  1. Come inizio è decisamente promettente... che intensità! Complimenti ^_^

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  2. Grazie *O*
    La scrittura non è il mio forte, (veramente neanche il disegno) ma ce l'ho messa tutta ><

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  3. Grazie *O*
    La scrittura non è il mio forte, (veramente neanche il disegno) ma ce l'ho messa tutta ><

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  4. Se il disegno non è il tuo forte io cosa dovrei fare... :P
    Sei troppo brava e anche i tuoi testi mi piacciono molto. Semplici, diretti, mi fai immaginare perfettamente le scene ^_^

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