Sara riaprì gli occhi, se sentiva
spossata ed il fatto che era ancora stretta tra le braccia di Craulad non la
turbava anzi, era convinta che se in quel momento non l’avrebbe sorretta colui
che riteneva un suo nemico, sarebbe caduta a terra senza forze. In quelle
visioni aveva visto un Craulad diverso, con degli atteggiamenti molto più
umani, che contrastavano terribilmente con l’attuale creatura che da giorni li
stava dando la caccia.
“Sara” chiamò il padre
sofferente. Non era ancora riuscito a liberarsi dalla lancia del nemico. Lei lo
guardò con sguardo vacuo, quasi faceva fatica a distinguere l’uomo che aveva
davanti dall’uomo che le era rimasto impresso negli occhi, ma una cosa era ben
chiara nel suo cuore, suo padre aveva occultato diverse cose e, soprattutto,
non le aveva detto la cosa più importante fra tutte: lui aveva ucciso sua
madre.
“Perché?” mormorò infine la
ragazza, “perché non mi hai detto della mamma? Perché non mi hai detto che
anche lei era un vampiro? Perché?” si bloccò, la rabbia, la frustrazione e
l’amarezza erano così grandi che le morivano le parole in gola. Suo padre per
anni le aveva fatto credere che sua madre fosse morta di malattia, lei stessa
aveva ricordi del momento in cui spirò, la corsa frenetica in ospedale, il
funerale, tutto… era tutto falso. Erano ricordi che le aveva impiantato per
coprire il suo scempio, per coprire la sua colpa. Era cosciente del dolore che
aveva provato, aveva visto coi suoi stessi occhi la sofferenza che il padre
aveva provato in quei momenti, eppure la consapevolezza di aver convissuto per
anni con una menzogna, le faceva dimenticare tutto il resto. Cos’altro c’era di
falso nella sua vita? Cos’altro le stava nascondendo grazie all’immenso potere
di cui disponeva? Era disgustata.
“Che cosa hai visto?” le chiese a
fatica continuando ad estrarre la lancia dal suo corpo.
La ragazza gli rivolse uno
sguardo freddo come il ghiaccio, ma non rispose, poi si voltò verso Craulad:
“mi lasci andare ora, per favore” disse con tono calmo e pacato. L’altro
sorrise compiaciuto ed allentò la presa quanto basta per permettere alla
giovane di muoversi liberamente.
“Voglio sapere di Thyra o dovrei
dire Rhith?” chiese.
“Sara non …” scattò Karl, ma lei
lo zittì: “sta zitto!” urlò fuori di se, “non è a te che l’ho chiesto, non
voglio sentire altre menzogne uscire da quella bocca, quindi ti prego di
tacere!” concluse stizzita. “Allora?” si voltò verso Craulad, “chi era Thyra?”.
L’uomo si posizionò con le spalle ad una parete, si accese una sigaretta e
rimase in silenzio quel poco che bastaba per riordinare le idee, poi iniziò a
parlare con tono calmo e ben impostato: “lei era la mia signora, la mia sposa”.
Espirò. “Ci conoscemmo secoli fa, in un mondo dove creature come me e tuo
padre, regnavano incontrastati su terre e regioni. Io sono un vampiro di
nascita, un barone per l’esattezza e lei era la figlia di alcuni stallieri
venuti in visita al mio castello. Quando la vidi, capii subito che lei sarebbe
stata mia un giorno o l’altro. Le sue guance rosee, la sua pelle candida e
profumata erano per me un invito che non potevo certo ignorare. Aspettai la
notte, la invitai nelle mie stanze. Fu facile. La corteggiai, la presi e la
feci mia, lei non oppose resistenza. Si lasciò amare come se fosse la cosa più
naturale del mondo” sorrise continuando il racconto. “Quella donna era già
morta nonostante fosse ancora in vita. Lo capii subito che non ero il primo
uomo con cui aveva giaciuto, ma ormai avevo deciso che sarei stato di certo
l’ultimo”.
Sara annuì invitandolo a
continuare.
“Le chiesi che cosa desiderasse
in quel momento e lei mi rispose: la morte! Mi raccontò che suo padre la
vendeva ai lord dei vari castelli in cui cercavano rifugio per la notte e, dopo
che la violentavano, il padre passava a chiedere soldi in cambio del silenzio”.
“Ma è orribile” si lasciò
scappare Sara. Karl gemette spostando la lancia di qualche centimetro.
“Non per l’epoca. La gente moriva
e veniva venduta per molto meno. Chi è nato in un periodo di pace come te, non
può minimamente immaginare di quali orrori si macchiavano le persone per un
tozzo di pane o una moneta d’oro” sbuffò. “A me quella risposta bastava. Una
creatura che non ha nulla da perdere è un perfetto schiavo, così la vampirizzai
per fare di lei la mia regina. Il mondo degli umani l’aveva delusa, ma quello
delle tenebre l’avrebbe accolta con tutti gli onori. E sai quali furono le sue
prime vittime?” chiese a Sara che scosse il capo meccanicamente. “Furono
proprio i suoi genitori, si divertì a smembrarli ma senza bere neanche una
goccia di sangue, diceva che non avrebbe voluto sporcare quella nuova vita con
il sangue marcio di suo padre e sua madre” sorrise completamente avvolto dalla
nostalgia che quei ricordi gli
trasmettevano. Fece alcuni passi posizionandosi alle spalle della ragazza che
non smetteva di seguirlo con lo sguardo. Per quanto apprezzasse il fatto che
aveva deciso di raccontarle tutta la verità su sua madre, non riusciva a
fidarsi ciecamente di lui. D’altro canto come avrebbe potuto? Ormai non si
fidava più di nessuno, neanche di se stessa, non dopo aver scoperto che parte
dei suoi ricordi erano menzogne create dal potere del padre.
“Io e Thyra regnammo per decenni
sulle mie terre, finché non scoppiò la guerra tra vampiri. Una guerra voluta
dagli umani stessi che si erano introdotti nel nostro modo di essere con
l’intento di cambiarci” digrignò i denti visibilmente scosso. “La prima
preoccupazione di noi sangue puro fu quella di mettere al riparo le nostre
spose, le uniche in grado di dare alla luce dei figli ed è così che Thyra finì
tra gli umani e divenne Rhith” concluse gettando a terra il mozzicone di
sigaretta. Rimase in silenzio, il capo leggermente inclinato ed alcuni
ciuffi biondo platino gli scesero lungo
il collo bianco. “Il resto lo dovresti sapere” sorrise guardando Karl. Sara si
voltò verso il padre che continuava a dimenarsi con le poche forze che gli
rimaste in corpo. “Quindi lei incontrò mio padre, si sposarono e nacqui io”
mormorò dando le spalle a Craulad.
“Esattamente”.
“Ma perché lei non ricordava di
essere un vampiro?”chiese.
“Per evitare che venisse
scoperta, le avevo sigillato la memoria. La cercai per anni, era tra gli umani
e, come tale, emanava il vostro stesso odore. Non era facile rintracciarla, ma
poi la vidi per caso in un giorno di pioggia” fece una pausa prendendo uno
ciocca di capelli di Sara ed iniziando a giocherellarci, “prima di mandarle i
giusti impulsi, la seguii per diversi giorni e, quando finalmente mi convinsi
che era lei, la risvegliai spezzando il sigillo. Purtroppo subito dopo fui
attaccato da un vampiro che mi teneva sott’occhio da un po’, mi allontanai dal
villaggio per timore di coinvolgerla nella lotta, ma quando tornai lei era già
morta” concluse lasciando andare la giovane che si risistemò i capelli.
“Ascolta Sara…” mormorò a stento
Karl, “le cose non sono andate come ti ha detto lui” tossì, “ascoltami ti
prego” concluse ansimando.
“Taci!” urlò Craulad colpendolo
con una raffica di vento che gli provocò una profonda ferita dalla spalla al
petto. Karl urlò di dolore.
“Aspetta!” s’intromise Sara, “so
quello che provi, ma anche se uccidi mio padre la mamma, volevo dire, Thyra non
tornerà indietro. La vendetta è una cosa inutile!” concluse facendo da scudo al
corpo del padre.
“Sara, spostati!” ansimò Karl
tossendo altro sangue. Lei lo guardò con la coda dell’occhio. Gli faceva pena.
Anche se era arrabbiata con lui, anche se probabilmente non si sarebbe più
fidata, non riusciva a restare indifferente alle molteplici sofferenze che il
padre stata provando in quel momento.
“Sei molto coraggiosa, piccola
Sara” sorrise Craulad avvicinandosi di un passo, “mi ricordi terribilmente tua
madre, lo sai? Si, in te io vedo la mia amata Thyra. Sai cosa vuol dire?”
sorrise. Lei s’irrigidì facendo cenno di no col capo.
“Craulad sta lontano da lei!”
tuonò Karl estraendo la lancia dal suo corpo e cadendo a terra.
“Sei riuscito a liberarti, ma
ormai è troppo tardi!” sorrise, “osserva la mia vendetta! Ho insidiato il
dubbio nel cuore di tua figlia che, grazie alle tue imprese passate, non si
fiderà mai più di te. Ormai tua figlia non ti seguirà più ciecamente ne ti sarà
devota come un tempo. Lei ora ti odia, dico bene, Sara?” sorrise compiaciuto,
mentre la ragazza abbassò lo sguardo.
“Sara?” sussurròà Karl
sconcertato. “E’ vero quello che dice?” chiese con voce tremante, ma lei
continuò a tenere lo sguardo rivolto al terreno e le labbra serrate. Non
riusciva a confermare quello che Craulad aveva detto, ma di certo non poteva
smentirlo. L’aveva delusa. Per la prima volta, si sentiva davvero ferita
dall’atteggiamento del padre che, per quando aveva agito mosso da buone
intenzioni, le aveva distrutto ogni certezza.
“Sara?”.
“Non hai ancora finito, Karl?”
scoppiò a ridere l’avversario. “E’ finita! Ormai se solo! Lei ormai è mia!”
urlò cingendole la vita con un braccio, ma lei si dimenò. “Non ho mai detto di
essere tua!” precisò con occhi carichi di disprezzo. “E’ vero, non posso più
fidarmi di mio padre, ma questo non vuol dire che ora mi fidi di te. Come posso
sapere che quello che mi hai raccontato
è davvero la verità? Io non ci capisco più nulla! Tu volevi la tua vendetta,
mio padre voleva la sua libertà ed io sono finita in mezzo a tutto questo,
perché?” sbraitò Sara rossa di rabbia.
“Vieni con me, Sara. Farò di te
la mia nuova sposa” le propose Craulad porgendole la mano.
“Sara non lo fare…” supplicò Karl
ancora a terra, probabilmente indebolito dalle molteplici emorragie.
“Smettila di darmi quello che
devo o non devo fare!” scattò rivolta al padre, “tu ormai non conti più nulla
per me! Mi hai tradito! Hai tradito la mia fiducia e quella della mamma, tu hai
ucciso la mamma!” l’accusò con le lacrime agli occhi. Karl non riuscì a
ribattere, le parole della figlia gli facevano pià male delle ferite che aveva
sul corpo, ma non aveva il coraggio di controbattere, perché l’aveva sempre
saputo. Erano anni che temeva il giorno in cui Sara avesse scoperto la verità,
conosceva la sua bambina meglio di chiunque altro e sapeva che lei odiava le
bugie più di qualsiasi cosa al mondo.
“Però…” riprese la ragazza,
“nonostante tutto, se anche l’unico parente che ho e non posso perderti!”
bisbigliò col viso arrossato. “Quindi ti darò un’altra possibilità: se
accetterai di raccontarmi tutta la tua verità senza occultare più nulla, forse
ti perdonerò” concluse con un sorriso.
“Va bene, lo farò” rispose Karl
alzandosi sulle ginocchia. Non aveva altra scelta, se il prezzo per continuare
a stare con lei, era dire tutta la verità, l’avrebbe fatto. Sara era troppo
importante, non poteva e non voleva perderla per nulla al mondo.
“Che quadretto commovente”
mormorò stizzito Craulad alle spalle
della giovane. Lei non fece neanche in tempo a voltarsi che il fendente del
vampiro balenò come un lampo su di lei trapassandole il petto da parte a parte.
“Papà…” mormorò Sara allungando
le mani verso di lui.
“Sa…ra…” sussurrò Karl tendendo
anch’esso la mano per afferrarla. La giovane cadde a terra in una pozza di
sangue. Una rosa color porpora, si aprì sotto il suo corpo martoriato, mentre i
gemiti e le convulsioni la scuotevano con forza. Aveva ancora gli occhi aperti
anche se lo sguardo sembrava spegnersi ad ogni istante che passava. Il battito
del cuore appena percettibile, scandiva i minuti che ancora le restavano da
vivere, mentre una lacrima fece timidamente capolino sulla guancia per poi
morire tra le labbra socchiuse. Karl rimase impietrito, il volto contratto in
un misto di dolore, sofferenza e pazzia. Non voleva soltanto uccidere, ma
distruggere, smembrare colui che aveva fatto del male alla sua bambina con
tanta facilità. Non poteva credere che fosse successo, riusciva ancora a
rivedere la sua piccola corrergli incontro, sorridergli, abbracciarlo. Il suo
corpo caldo, le sue guance rosee, il suo viso leggermente imbronciato…erano
tutte cose che ormai lui non avrebbe potuto rivedere mai più. La sua Sara non
gli avrebbe più sorriso, non l’avrebbe più rimproverato. Avrebbe voluto
piangere, sentiva la rabbia e la disperazione montargli su per la gola, eppure
i suoi occhi erano asciutti. I vampiri non possono piangere. I vampiri non
possono amare, eppure in quel momento sentiva il cuore spezzarsi per sempre.
“Si è questa l’espressione che
volevo vedere” incalzò Craulad ridendo a squarciagola.
“Sara?” sussurrò avvicinandosi al
corpo della giovane, le accarezzò il viso, le chiuse gli occhi e le asciugò le
lacrime con un bacio. Fino all’ultimo non era stato in grado di proteggerla.
“Perché non la trasformi? Avanti
falla diventare una di noi, forza!” incitò l’altro col viso distorto dalla follia.
“No, lei non sarà mai una bambola
senza anima” mormorò, “lei ora è libera” concluse sfilandosi coi denti l’anello
che gli aveva regalato Thith ed infilandolo all’anulare della giovane. “Tieni,
questo ormai non mi serve più” concluse
annusando profondamente l’aria intorno a se. Improvvisamente i suoi occhi
avevano cambiato espressione, il suo sguardo inferocito scrutava Craulad dalla
testa ai piedi come se fosse la prima volta che lo stava osservando per
davvero.
“Cos’è quell’anello?” gli chiese
il vampiro facendo un balzo indietro e mettendosi sulla difensiva.
“Quello era il mio sigillo. Se
finora non ho mai attaccato nessuno è solo perché lo portavo sempre con me. Fu
Rhith a forgiarlo usando la sua stessa ombra mischiata al suo sangue. È stato
il suo ultimo regalo per Sara, senza quell’anello, il mostro che c’è in me, si
sarebbe scatenato tanto tempo fa e, con molto probabilità, non sarei riuscito a
resistere al richiamo del sangue di mia figlia ed a vivere sotto il suo stesso
tetto” rispose Karl leccandosi del sangue da una ferita che aveva sul braccio.
“Vuoi dirmi che Thyra è morta da
umana e che in punto di morte il suo ultimo pensiero è stato quello di
proteggere quella insulsa ragazzina?” sbraitò visibilmente irritato.
“Pensala come vuoi, la cosa non
mi riguarda minimamente” rispose Karl facendo un balzo verso il rivale che
indietreggiò evitando l’attacco. Karl non sembrava minimamente sofferente,
continuava a cercare di colpire il suo avversario con affondi diretti e
precisi, mentre quest’ultimo lottava per non soccombere sotto il peso della
nuova potenza del suo avversario.
“Come puoi essere così forte?”
scattò ansimante.
“L’anello. Portarlo significava
rinunciare alla mia forza e potenza, un prezzo più che giusto se mi avrebbe
permesso di vivere accanto a mia figlia senza rischiare d’aggredirla, ma ormai
non mi serve più tenere il sigillo, ormai lei non c’è più e sei stato tu ad
ucciderla” spiegò Karl aumentando la velocità dei suoi colpi. Craulad appariva in difficoltà, non riusciva
a credere che si trattava dello stesso vampiro che aveva più volte sconfitto in
passato riducendolo in fin di vita.
“Volevi vedermi così?” chiese
Karl colpendolo ad un braccio spezzandoglielo, “è questo il Karl che
volevi vedere?” continuò a colpirlo con
raffiche di pugni dati ad una velocità sorprendente. Crapula indietreggiava
sopraffatto, non aveva mai provato tanto dolore e terrore in vita sua. Solo in
quel momento capì di aver commesso un grande sbaglio. La prima volta che
affrontò Karl, egli aveva già l’anello con se pertanto non aveva idea
dell’immenso potere che si celava al suo interno. Thyra l’aveva reso un
agnellino per il bene della loro bambina? Impossibile! Thyra era la sua donna!
Non avrebbe fatto nulla che potesse nuocere al suo sovrano eppure era successo.
L’idea che la sua amata avesse anteposto il bene di quell’insulsa umana al suo
gli faceva ribollire il sangue. Un dolore lancinante lo fece trasalire, il suo
campo visivo fu oscurato da una colonna di sangue che schizzava dalla sua
spalla, nel punto dove una volta c’era il braccio, ora vi era solo sangue,
brandelli di carne e tessuto sfilacciato.
“Fermati!” ordinò cadendo in
ginocchio.
“Perché?” ribatté Karl con
freddezza, “non era questo ciò che hai sempre desiderato?” chiese lanciando il
braccio tranciato in terra. L’uomo non era cambiato solo nella forza e nel
carattere, ma anche nell’aspetto. Il suo corpo aveva acquistato vigore, i suoi
capelli si erano leggermente allungati ed erano completamente bianchi, il viso
più scarno che trasmetteva tutto il dolore che si portava dentro l’anima, un
dolore che si nutriva dei suoi silenzi e che lasciava cicatrici indelebili in
quel cuore non più umano. Afferrò Craulad per la gola e lo scagliò contro una
parete sfondandola, poi lo riprese e lo rilanciò con ancora più forza.
“Karl, fermati!” lo implorò con
voce tremante. Lo temeva, temeva la sua forza ma, soprattutto, temeva il suo
sguardo scarlatto, non aveva mai visto in un vampiro uno sguardo del genere.
Karl non rispose, ma gli piazzò una pedata in pieno petto per assicurarlo al
terreno, poi afferrò l’unico braccio che gli era rimasto e lo strappò via come
se fosse stato fatto di carta. Craulad urlò.
“Soddisfatto ora?” gli chiese Karl
lanciarlo l’arto tranciato lontano da loro.
“Uccidimi” supplicò l’avversario
ricoperto dal proprio sangue, “uccidimi, non sopporto più questo dolore”
mormorò ansimante.
“Perché dovrei? Potrei lasciarti
in questo stato. Senza braccia non potrai di certo procurarti il cibo e morirai
di stenti o di pazzia” ci pensò su, “e direi che la seconda sia la morte più
adatta a te” sorrise leccando il sangue dell’avversario che gli era rimasto
sulla mano. Crapula scoppiò a ridere così forte da far nascere in Karl l’esitazione.
“Ho creato un mostro!” ghignò, “per anni non ho fatto altro che umiliarti,
ferirti, torturarti, spronarti, volevo che tu diventassi un mostro come me,
volevo vedere quell’espressione fredda ed imperturbabile” tossì “ eppure ora
capisco che non avrei dovuto. Tua figlia aveva ragione: qualsiasi cosa faccia
Thyra non tornerà da me e neanche la morte potrà riunirci perché quelli come
noi spariscono e basta” sorrise con guardo vacuo. L’emorragia l’aveva
indebolito, ormai sentiva la fine farsi vicina e stranamente non la temeva più
di tanto, aveva vissuto secoli, aveva dominato popoli, aveva conosciuto l’amore
per poi perderlo eppure sentiva di essere in pace con se stesso.
“Non vorrai farmi il sentimentale
proprio ora?” scattò Karl tirandolo su per il collo. “Tu mi hai fatto diventare
quello che sono ed ora vorresti dirmi che ti dispiace?” urlò stringendo la
presa.
L’altro rise: “si, Karl continua
così. Non esitare e uccidimi” mormorò.
“Io non ti ucciderò!”.
“Si che lo farai, perché è ciò
che più aneli nel tuo cuore” mormorò con un filo di voce.
“Ti ho portato via l’amata…”.
“Smettila!”.
“Ti ho costretto ad una vita da
fuggitivo…”.
“Ti ho detto: sta zitto!”.
“Ho ucciso la tua unica ragione
di vita…” sorrise.
“Smettila di parlare!” urlò Karl
digrignando i denti fino a far sanguinare le gengive.
L’altro rise nuovamente: “però è
stato uno spettacolo! Uccidere un umano ha sempre il suo fascino. La carne
morbida, il sangue caldo e vischioso…il rumore delle ossa che vanno in pezzi”
socchiuse gli occhi.
“Craulaaaaaaaaaaaaaaaaaaad!!”
urlò Karl fuori di se. Strinse con ancora più forza la presa intorno al collo
del nemico finché non sentì un rumore assordante seguito da un secco tonfo. Del
liquido vischioso e freddo lo travolse, gli occhi, i capelli ed i vestiti erano
pieni di sangue. Il corpo di Craulad cadde in ginocchio ai suoi piedi, mentre
la testa del vampiro rotolava a pochi passi da lui. L’incubo era finito.
Crapula era riuscito fino alla fine a condurre quel macabro gioco guidandolo
attraverso l’emozioni in una spirale d’eventi inevitabili. Si guardò le mani
tremanti. Aveva ucciso una persona con le sue stesse mani, per la seconda volta
nella sua vita, un’esistenza era stata stroncata per mano sua. Con un passo
infermo si avvicinò al corpo di Sara, cadde in ginocchio accanto a lei e la
sollevò con delicatezza. Alcune ciocche le coprivano la fronte, ma lui le
spostò di lato per vedere il volto della sua bambina ancora una volta. Prese la
mano della fanciulla e la baciò, poi le baciò la fronte ed infine i capelli,
non c’erano parole per descrivere il suo dolore, così la strinse forte a se
scoppiando in un pianto senza lacrime.
“Sara” mormorò tenendola stretta,
“la mia piccola Sara” concluse con voce rotta dal dolore.
“Papà” si sentì chiamare, “papà
così mi fai male”. L’uomo si scostò di soprassalto cercando di vedere il volto
della giovane che aveva aperto gli occhi e lo guardava debolmente.
“Sara?” chiese incredulo. L’aveva
vista morire, come poteva essere anocra viva? Quello doveva essere per forza un
miracolo, pensò. “Sara…” mormorò con voce tremante, “Sara!!”.
“Perdonami se ho dubitato di te”
sorrise, “ora so la verità”.
“La verità? Di cosa stai
parlando?” chiese.
“Ho visto la mamma, lei mi ha
raccontato tutto. Mi ha detto che quella sera quando l’hai abbracciata, per
alcuni istanti aveva ripreso il controllo del suo corpo e…” ansimò indebolita.
“Smettila di parlare! Dobbiamo
andare da un dottore!” scattò lui.
“No, non ne ho bisogno, papà” gli
rispose leccando il sangue ancora fresco che l’uomo aveva sul volto.
Karl la scostò dolcemente,
esaminò la ferita che la giovane aveva nel petto e si rese conto che essa era
sparita magicamente. Com’era possibile? Era sicuro di aver visto Craulad che
trapassava da parte a parte il corpo della sua bambina, l’aveva vista cadere a
terra in una pozza di sangue, ricordava perfettamente i suoi ultimi randoli di
dolore, eppure ora non vi era più traccia di nulla. “Ma com’è possibile?” si
lasciò sfuggire sconcertato.
“E’ stata la mamma” sorrise,
“ecco, ora te lo mostro” concluse alzando la mano e mostrando l’anello che
portava al dito ormai ridotto ad un sottilissimo filo d’argento. Un bagliore
avvolse Karl e Sara trasportando entrambi nel passato, qui i due videro
nuovamente la scena in cui Rhith, senza controllo, si era accanita sul marito
ormai trasformato in vampiro.
“Perché mi stai facendo questo?” chiese lui in lacrime. Lei ansimava
col capo appoggiato alla spalla dell’uomo, costretta in un abbraccio che le
impediva al minimo i movimenti.
“Aiutami” mormorò infine.
“Rhith?” s’illuminò Karl. Allentò la presa per permettere alla donna di
tirarsi su col busto scoprendo il viso contratto dal dolore e rigato da
lacrime.
“Rhith” sussurrò.
“Uccidimi!” ordinò la donna alzandosi da terra.
“No!” ribatté lui mettendosi seduto a fatica. “Non puoi chiedermi
questo, non posso farlo”.
“Non abbiamo molto tempo. Non so per quanto potrò mantenere il
controllo, quindi ti prego non esitare”.
“No! Ci dev’essere un’altra soluzione! Io non… “.
“Non c’è e tu lo sai” sorrise la donna, “ma prima…”. Si morse l’indice
della mano fino a farlo sanguinare, poi chiuse le mani in modo congiunto come se stesse
pregando. Un bagliore scaturì tra le dita seguito da un fumo denso color
porpora, quando riaprì le mani, sui suoi palmi apparve una fede nuziale color
argento. “Indossala e portala sempre con te, questa eviterà che tu aggredisca
la nostra bambina” sorrise infilando l’anello all’anulare del marito, poi gli accarezzò
il viso e lo baciò dolcemente. Rimasero abbracciati per un breve istante, poi
Rhith riprese a dimenarsi: “presto!” incalzò rivolta all’uomo.
“Non posso farlo” mormorò Karl facendo cenno di no col capo.
“Devi, ti prego!” ansimò lei, “non ce la faccio più a trattenerla,
tesoro!”.
“Non posso…”.
“Uccidimi! Uccidimi Karl ti prego!!” urlò. In quell’istante l’uomo
chiuse gli occhi e si scagliò sulla moglie strappandole il cuore dal pezzo,
quello era l’unico modo che l’istinto della belva all’interno del suo corpo gli
aveva suggerito. La donna ebbe un mancamento, ma lui fu pronto a prenderla tra
le braccia.
“Rhith?” sussurrò.
“Sei stato bravo, tesoro” sorrise, “prenditi cura di Sara, proteggila
ed amala anche per me” continuò con voce appena percettibile.
“Perdonami” mormorò Karl sconvolto, “Rhith…”. Lei gli regalò un ultimo
sorriso, socchiuse gli occhi e cadde in un sogno senza risveglio.
“Cos’è stato?” mormorò Karl
perplesso.
“E’ un ricordo” rispose una voce
femminile alle sue spalle, si voltò e vide Rhith in piedi dinnanzi a lui e Sara
che era rimasta accovacciata tra le braccia del padre, col viso nascosto nel
suo petto.
“Rhith?” sgranò gli occhi.
“Sei stato bravissimo, caro. Non
solo hai tenuto fede alla parola data, ma hai protetto e cresciuto nostra figlia
con tanto amore, sono davvero orgogliosa di te” sorrise.
“Rhith, com’è possibile?” mormorò
incredulo. Avrebbe voluto alzarsi per andarle incontro, ma non voleva in alcun
modo separarsi da Sara. Lei non rispose, ma indicò l’anello che aveva al dito la
ragazza. Karl lo guardò notando che non solo aveva acquisito uno strano
bagliore che ricordava i riflessi lunari, ma era diventato ancora più sottile.
“Quando quell’anello si romperà,
io sparirò per sempre” annunciò, “ma prima è giusto che tu sappia che se la
nostra piccola è ancora in vita, lo deve unicamente a te. Tu le hai donato il
mio anello quando il suo cuore era ancora caldo e pulsante. Esso l’ha condotta
qui, nella mia dimensione dove per anni ho tenuto a bada il vampiro che è in
te”.
Lui la guardò, ma non proferì
parola.
“Non riesci a capire, vero?”
sorrise. “Quando mi hai uccisa, la mia magia si era già trasferita in
quell’anello. L’hai detto anche tu, no? L’anello era stato forgiato dalla mia
ombra mista al mio sangue. Ovviamente non mi era possibile manifestarmi
materialmente, ma potevo darti un supporto in caso di bisogno”.
“Quindi quella volta col neonato
ed anche quand’ho aggredito Sara nel cantiere…”.
“Si, sono stata io a farti
riprendere il controllo, anche se comunque mi è stato solo perché anche tu lo
desideravi, perché ti sei sempre ostinato a non rinunciare alla tua natura
umana. Non fraintendere, ho amato tanto il mio signore, ma non potevo
abbandonare colui che mi ha fatta rinascere come essere umano e come donna. Io
vi ho amato entrambi in due modi completamente diversi e poi ho amato lei”
sorrise posando lo sguardo su Sara che ricambiò il sorriso, “lei è tutto ciò
che avrei voluto ed anche se ho potuto passare pochissimo tempo in sua
compagnia, lo amata dal profondo del cuore”.
“Cos’è successo a Sara?” chiese
Karl anche se ormai aveva già iniziato a capire.
“Lei è mia figlia, nelle sue vene
scorre anche sangue di vampiro e, nel momento in cui le hai messo l’anello, ho
risvegliato in lei quel potere sopito. Il suo corpo umano è morto ed è rinata
come vampiro. Resterà bella per l’eternità”.
“Ma così non sarà mai felice!”
scattò Karl stringendo a se la figlia.
“Ti sbagli papà, se posso stare
con te, io sono la persona più felice del mondo” gli sorrise.
“Sara…” mormorò Karl con una
punta di dolore, non era certo quello il futuro che avrebbe voluto per sua
figlia. A cosa erano serviti tutti quegli anni di sofferenza? Certo, era
sinceramente felice di no averla persa per sempre, ma non poteva rallegrarsi
del fatto che ormai anche lei era condannata ad una vita di tenebre e
dannazione.
“Il mio tempo sta per scadere”
annunciò Rhith, “sono felice di aver potuto rivederti per un’ultima volta”.
“No! Aspetta! Non andartene!”
scattò Karl protraendo il braccio in
avanti come se volesse afferrarla.
“Vi amo” sorrise Rhith nello
stesso istante l’anello si polverizzò in una nuvola d’argento, la luce
abbagliante che li aveva avvolti si dissolse ed i due ritornarono tra i resti
della casa diroccata.
Una leggera pioggia stava lavando
via le tracce di quella guerra sanguinosa che si era consumata tra i resti
della villa, ora non avevano più nulla da temere, Craulad era morto ed anche le
sue ombre erano sparite per sempre. Karl e Sara erano di nuovo liberi di
ritornare alla loro vecchia vita, anche se ormai non erano più li stessi. Ormai
Sara era una creatura delle tenebre esattamente come il padre e questo avrebbe
comportato dei cambiamenti nella sua vita di tutti i giorni, ma di una cosa era
certa: da quella sera, suo padre non l’avrebbe più lasciata sola in casa per
sgattaiolare fuori alla ricerca di cibo, ora la caccia si sarebbe svolta in
coppia.
“Papà sei arrabbiato per come
sono andate a finire le cose? Tu non volevi che diventassi come te, però…”
chiese guardando la pioggia che cadeva incessantemente.
“Non m’importa che tu sia vampira
o umana, tu sarai sempre mia figlia” le sorrise stringendola a se. Lei sorrise
lasciandosi abbracciare. Una nuova vita, una nuova realtà l’attendeva, ma non
aveva paura, perché non era sola.
“Io vorrei vivere qui, in questo
paese incastonato tra le montagne, dove tu e la mamma avete vissuto giorni
felici” annunciò Sara alzandosi in piedi ed incamminandosi sotto la pioggia
battente seguita a distanza dallo sguardo del padre. “Tu che ne dici?
Possiamo?” chiese voltandosi verso di lui.
“Certo” sorrise, “ possiamo
trasferirci qui se ti fa piacere”.
“E se dovessimo imbatterci in
altri vampiri?” ribatté Sara con timore.
“In quel caso li affronterò, non
permetterò a nessuno di distruggere questo e far del male alla gente di qui”.
“Ed io ti darò una mano!” annuì
Sara con decisione.
Karl scoppio a ridere: “prima
dovrai imparare a cacciare i topi, poi ne riparliamo” concluse incamminandosi.
“Topi?” scattò Sara con una
smorfia, “non possiamo cacciare qualcos’altro? Mi fanno senso i topi!”.
Lui rise nuovamente e senza
rispondere continuò la discesa da quella collina che aveva fatto da sfondo a
quella cruenta battaglia. Non sapeva cosa gli avrebbe ancora riservato il
futuro, ma era certo che qualsiasi cosa sarebbe successa, d’ora in poi, lui e
Sara l’avrebbero affrontata insieme. Le nubi di diradarono facendo spazio ad
una Luna piena meravigliosa che illuminò il loro cammino. Una nuova vita li
attendeva e con essa un nuovo futuro tutto da scrivere e da vivere.
Fine.
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